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mercoledì 13 maggio 2009

Il nuovo colonialismo è cinese e l'ennesimo stupro dell'Africa

Una nazione con quasi due miliardi di abitanti ha bisogno di una inimmaginabile quantità di materie prime per svilupparsi.

La nazione cinese sta investendo ingentissime quantità di denaro nel Continente Nero, rilevando le aziende locali e innestando in loco lavoratori cinesi. Dall’edilizia al commercio, dalle armi alle materie prime, dal petrolio, all’edilizia e alle tecnologie. Un intervento a tutto campo che conta a creare nell’Africa una vasta zona di influenza economico-politica gestita dai vertici della nazione cinese.

summiti focac cina africaIl 2006 è stato l’anno della “Cina in Africa”, come ribadito al summit Focac di Pechino in una città tirata a lucido, dove giganteggiavano striscioni con scritto: “Amicizia, Pace, Cooperazione e Sviluppo”.
Ma dietro la facciata di perbenismo della dittatura asiatica si aggira un mèro e puro interesse economico, poco regolato e spinto dai valori etici.

Una dittatura mai comunista ma unicamente militare e asservita al mercato, potremmo quasi chiamarla, facendo un paradosso, una dittatura capital-comunista (capitalista di fatto e comunista di nome).

Una penetrazione iniziata agli inizi degli anni novanta, il continente africano con le sue ricchezze ha attirato l’attenzione di una Cina in continuo boom economico e spianato la strada ai prodotti cinesi che comunque sbaragliano la concorrenza della produzione interna dei Paesi africani, grazie soprattutto allo sfruttamento del lavoro nelle fabbriche cinesi, ai salari bassissimi e ai turni massacranti (da 8 a anche 12 ore per il lavoro “legale”).

Sappiamo poi che quanto a diritti umani la Cina di strada ne deve ancora fare. Nelle parti dell’Africa dove non sposta la sua manodopera, utilizza quella locale. E questi sono i nuovi schiavi dell’Impero Asiatico, costretti a lavorare in condizioni disumane, fra crolli quotidiani dei cunicoli e malattie. Dentro a miniere di rame, oro e diamanti per circa 3 dollari al giorno.

La manodopera spesso non ha più di dieci anni.

Lavoro a tutto vantaggio dei cinesi, infatti il privilegio di condizioni di lavoro più decenti spettano solo agli operai e ai tecnici con il passaporto di Pechino, mentre alla popolazione locale restano le briciole e la parte del lavoro più pericolosa e degradante. Ancora un ennesimo stupro dell’Africa, che si vede di nuovo spogliata delle sue risorse senza alcun ritorno.

L’Africa, continente così affascinante e così solo, rischia di cadere in una nuova trappola del debito, anche per via dei prestiti concessi dal governo cinese agli stati locali. Come già sappiamo da sempre, europei e americani non si sono comportati bene con questo continente, e la loro presenza, oggi resa ancora più marginale dall’arrivo prepotente della Cina, non sembra sufficiente a porre un argine a questo nuovo colonialismo.

sfruttamento del lavoro africano per i cinesiI governi locali spesso inoltre sono accomodanti con la Cina, che sovvenziona le dittature con forniture di armi e promesse di infrastrutture, dalla sanità fino allo sport, costruite però con manodopera cinese e con le modalità sopracitate.

La Cina, la nuova superpotenza mondiale esporta la sua etica del lavoro, queste sono cose che vanno perlomeno denunciate, per testimoniare una nuove escalation di ingiustizie e prepotenze, di cui se ne parla troppo poco spesso, o quasi mai e che invece dovrebbero rifar accendere i riflettori sull’Africa e su ciò che accade all’infuori della nostra piccola e miope realtà quotidiana.

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