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lunedì 10 novembre 2008

LA CULTURA DELL'ALCOOL TRA I GIOVANI


La noia, il desiderio di evasione, il farsi vedere grandi… i motivi sono i più svariati ma la dicono lunga su quello che per i giovani italiani significa “divertirsi”. Secondo una ricerca congiunta di Cospes (centro salesiano di psicologia), Doxa e Progetto Europa il 61% dei ragazzi fra i 15 e i 17 anni dice di fare tranquillamente uso di alcool, percentuale che arriva al 74% fra i giovani tra i 18 e i 24 anni e all’81% nella fascia tra 24 e i 34 anni. Sembra quasi che senza alcool non ci sappiamo divertire. L’alcool sta diventando una piaga sociale,un mezzo con il quale sfogare le proprie frustrazioni,un modo per far venir fuori la personalità che nella vita normale rimane sopita.

Insomma sembra,dati alla mano,che se non siamo in qualche modo aiutati dalla “pozione magica” non sappiamo tirare fuori quello che siamo veramente.

Si beve al motto di “ogni occasione è buona” e in qualsiasi momento. Il “bicchierino” esce dal contesto di un modo per passare un momento di allegria con gli amici e diventa un “bicchierone”,a volte anche una bottiglia,una damigiana…L’uso di alcool produce quell’effetto euforico che,aumentando la dose,va via via scemando per arrivare ad un nuovo stadio. Giovani e giovanissimi brancolanti tra la musica assordante delle discoteche,collassati nei divanetti o in giro per le strade,lo sguardo assente e difficoltà nel dire le parole più semplici. Gli stessi giovanissimi che poi al giorno,magari tra i banchi di scuola,si vantano di quanto ce l’avevano grossa la sera prima.

Questo non vuol dire che si dovrebbe entrare in una nuova era proibizionistica. Anche il sottoscritto ama molto farsi un bicchiere (e a volte molti più di uno) con gli amici. Bisogna però indagare quel meccanismo che porta i giovani e i giovanissimi a bere fino a star male,perché amano tanto estraniarsi da questo mondo per far uscir fuori quel modo di essere che non gli appartiene o che forse è il loro vero carattere sopito e nascosto. Bisogna indagare anche la società in cui si vive,forse il giovane non si sente considerato dal mondo in cui vive,dagli amici o dalla famiglia e allora aspetta il sabato (o qualsiasi altro giorno) per lasciarsi alle spalle e dimenticarsi,anche se solo per una serata,ansie e frustrazioni. Poi via in giro con macchine e motorini,in barba alla sbornia,mettendo in serio pericolo se stesso e gli altri.

A volte però staccare la spina può essere anche utile,magari pressati dal lavoro o dallo studio,o semplicemente per evadere da una situazione di stress e delusione ma anche per festeggiare un qualcosa,sempre con la testa sulle spalle però,facendo guidare chi rimane sobrio. Non si vuole fare i moralisti,da quando esiste l’uomo esiste anche l’alcool,ma un ragazzo di 12 anni (viene considerata questa l’età di avvicinamento all’alcool) che motivo ha di dover “staccare la spina”?!

Quelli e quelle della mia generazione (fine anni ’80),a 12 anni, andavano a letto alle dieci o dopo aver visto un film in famiglia,si usciva il fine settimana e tassativamente il rientro a casa era fissato per le undici.

Certamente quello dell’alcolismo giovanile è un problema che non deve essere sottovalutato.

Balboa


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