...e perchè risolvere questo problema può essere conveniente anche per i paesi ricchi...
Voi vi mangereste sette giorni su sette pane,cereali,riso e ortaggi?
Ovviamente no! Nel mondo del benessere,quale viviamo noi,l’icona del benessere è il consumo di carne.
Questo non vuol dire che non si deve mangiare carne! O perlomeno non bisogna fare come gli americani,che di carne letteralmente si ingozzano e sono la popolazione più obesa del mondo.
Cercherò di fare un discorso a grandi linee,in quanto per affrontare la complessità del problema non basterebbero migliaia di dati,fatti e discussioni di esperti economisti,sociologi,politologi etc…
La produzione alimentare al giorno d’oggi è più che sufficiente a sfamare la popolazione mondiale e oltre (più di 6 miliardi di abitanti). Il fatto è che il 50% della produzione di cereali e il 75% di soia per 2164 milioni di tonnellate di raccolti,vengono utilizzati per sfamare gli animali d’allevamento di cui saranno consumatori privilegiati gli abitanti dei paesi ricchi. Il consumo di carne nei paesi in via di sviluppo è 30 kg l’anno pro-capite mentre nei paesi ricchi e più di 80 kg l’anno.
Inoltre circa 100 milioni di tonnellate di cereali,prima destinate al consumo,saranno impiegati per la produzione di bioconbustibili.
Sorge la domanda: Perché i paesi produttori di cereali non se li tengono per se e sfamano la propria popolazione?
- Gli allevamenti di animali vengono spesso gestiti da compagnie multinazionali in paesi del terzo mondo al fine di diminuire i costi e lavorati ancora in altri stati (il pollo globale)
- Molte delle terre coltivate nei paesi più poveri sono “gestite” dalle multinazionali occidentali,che spesso praticano economia di piantagione per l’export (caso chiquita).
- La carne ha un valore di mercato più alto rispetto ai cereali e dunque i paesi in via di sviluppo,per incrementare i ricavi,tendono ad allevare animali.
- Molti contadini praticano una agricoltura di sussistenza e/o hanno mezzi di produzione inadeguati per ottenere una buona resa dalla terra.
- Esposizione maggiore a siccità e carestie laddove non vi sono tecnologie adatte alla crescita e salvaguardia dei raccolti.
- Governi dittatoriali o inefficienti che non permettono un uso razionale dell’agricoltura o non la incentivano.
- Scarso incentivo del commercio equo e solidale o sud-sud.
- Malattie croniche da malnutrizione e denutrizione innescano un circolo vizioso di scarsa produttività.
- L’uso dei cereali come bioconbustibili e il calo di produzione registrato negli ultimi anni hanno portato ad un aumento dei prezzi,precludendone così l’accesso a molti “poveri”.
- Guerre,interessi degli Stati ricchi,bilance dei pagamenti dei Paesi in via di sviluppo in condizioni disastrose. Ovviamente ai paesi ricchi conviene produrre cereali laddove i costi sono minori e vi è un’altra “etica” del lavoro. Quelle multinazionali,che potrebbero essere un incentivo allo sviluppo di quei paesi,ma che mantengono salari di sussistenza per i loro lavoratori.
- L’apertura al mercato di molte economie di sussistenza (ad esempio il villaggio di capanne che viveva di caccia e raccolta e una piccola agricoltura comune) anche tramite pratiche riprovevoli (donazioni di sementi ibride,che danno il frutto ma non nuovi semi per un nuovo raccolto) ha portato molti piccoli contadini che non avevano problemi di fame ad indebitarsi.
Avere un guadagno per tutti significherebbe,ad esempio,l’ipotesi di ridurre il problema dell’immigrazione. Se tutti avessero una qualità di vita minimamente accettabile non emigrerebbero dai propri paesi e non avremmo tutti quei problemi dovuti all’immigrazione ma soprattutto significherebbe che non ci sarebbe più gente disperata che va verso l’oblio e che anche se in cerca di un lavoro onesto,molto spesso va incontro allo sfruttamento,ad una scarsa retribuzione e dunque ad una nuovo degrado e frustrazione.
Bisogna poi aggiungere il problema dell’integrazione,per un motivo o per l’altro spesso molto difficile.
Inoltre potrebbe essere risolta anche la disparità dei salari; vi faccio un esempio: Oggi si dice che gli immigrati svolgono quei lavori che gli italiani non svolgono più. Ma se non ci fosse la disponibilità di gente disperata disposta a lavorare a prezzi miseri allora ci sarebbero salari decenti anche per quei lavori così sgradevoli a noi italiani (sempre nel caso di un livello salariale accettabile in tutto il mondo,pena la dislocazione di produzione laddove è più conveniente o “molto più conveniente”).
Dunque problema non facile quello della fame nel mondo e trovare una soluzione visti gli interessi,non è cosa facile.
Io comunque spero di avervi dato un’idea generale sul perché c’è…
Balboa
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